
Arancia
L’albero che produce le arance è il Citrus sinensis, oggi considerato una specie autonoma ma, in realtà, ottenuto anticamente dall’ibridazione del comune mandarino e del pomelo. È, tra gli agrumi, la pianta che assume lo sviluppo più grande e il suo frutto è una specie di bacca definita “esperidio”, formata da vari strati che proteggono i semi contenendoli in un interno succoso (loggia ovarica): l’epicarpo (la buccia esterna), il mesocarpo (strato sottostante la buccia) e l’endocarpo (la pellicola che avvolge le varie logge ovariche presenti).
L’ arancio dolce proviene dalla Cina e dal sud-est asiatico e, nonostante che i suoi frutti fossero già conosciuti da tempo, importati da navigatori e commercianti provenienti dal lontano Oriente attraverso la “via della seta”, la sua coltivazione cominciò in Europa solo a partire dal XIV secolo, grazie a marinai portoghesi che ne tentarono la pratica nel loro Paese, diffondendola poi in Spagna e in Italia . Non è dunque un caso che, nei secoli passati, il suo frutto venisse talora chiamato “portogallo” e che in alcune lingue mantenga ancora un nome simile (“portocali” in greco, “portokall” in albanese e “burtuqal” in arabo). La parola arancia sembra invece derivare dal persiano “narang”, che significa frutto preferito degli elefanti.
Inutile dilungarsi sulle numerose e conosciute virtù di questo prodotto della terra; ricco di vitamina C, ma anche di altre vitamine (A e gruppo B), di minerali e di antociani, è considerato un eccellente antiossidante, antinfiammatorio, rafforzante del sistema immunitario e regolatore della pressione arteriosa, grazie all’elevato contenuto di potassio, unito a un basso quantitativo di sodio.
I frutti dell’arancio dolce, una volta raccolti, smettono completamente di maturare ed è quindi necessario mantenerli sulla pianta fino alla maturazione.
Didascalia immagine
Citrus sinensis (L.), Histoire et culture des orangers A. Risso et A. Poiteau., Paris Henri Plon, Editeur, 1872